Il senso di Ferragni per i musei

Ma avete saputo che Ferragni è stata agli Uffizi (versione 1 e versione 2) e poi al MarTA? Prima era stata in visita privata alla Cappella Sistina. Queste stories non sono un’esclusiva per l’imprenditrice VIP, ma sono esperienze che chiunque può fare pagando un prezzo ridicolo rispetto al valore di ciò che vede.

Eppure è successo un putiferio.

Parrucconi VS Rivoluzionari. Analogici VS Digitali. Guelfi VS Ghibellini. A me interessa vedere come altre Ferragni possano fruire per scopi economici del patrimonio italiano, dal momento che pagano (loro o gli sponsor) e non danneggiano le opere e i luoghi.

Un servizio agli Uffizi

Ogni museo ha nel proprio regolamento i riferimenti per usufrire degli spazi e delle immagini. Questo servizio è normato dagli artt. 106 e 115 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, e quello degli Uffizi è in Servizi professionali. Non si può immaginare il dolore fisico e mentale di chi è stato incaricato di leggere il regolamento, non trovare i costi, compilare il modulo, inviarlo, attendere il preventivo e organizzare tutto. Possono delle imprese avere questa burocrazia per fruire di un servizio?

È solo post

Gli Uffizi hanno guadagnato in un periodo durissimo per le casse dei musei. In Heritage in lockdown avevo calcolato che solo tra febbraio e aprile si sarebbero 59 milioni di euro di mancati introiti solo da biglietti. In un periodo di chiusure e entrate contingentate, l’idea di Ferragni è una clamorosa scialuppa di salvataggio per i bilanci, e per il modello di business di Ferragni il post su Instagram è l’output perfetto, perché le consente di trasformare l’investimento in valore economico e sociale. Ma per gli Uffizi, un post ha un tasso di coversione molto basso se si configura in un semplice aumento delle visite, dal momento che turisti non ce ne sono; al massimo hanno allargato la platea del segmento giovane. La missione museale che genera valore per il museo è stata affiancata con un post su Facebook che illustra l’opera mostrata da Ferragni.

Missione e bilanci

Nel sito degli Uffizi è consultabile il bilancio del 2018. Nel consuntivo delle entrate gli introiti derivanti da servizi in gestione indiretta sono stati circa 2.5 milioni di euro, mentre quelli in gestione diretta circa 1.3 milioni, a fronte di 34 milioni da vendita diretta di biglietti. Da questi numeri si capisce quanto importante sia per gli Uffizi, e per tutti gli altri luoghi, aumentare le entrate dai servizi. Quindi bisogna che le amministrazioni museali usino l’esperienza di Ferragni per:

  • semplificare l’accesso ai servizi
  • indicare chiaramente i costi dei servizi e delle offerte aggiuntive
  • aumentare la conoscenza delle opere per espandere il mercato (ne ho parlato in Non presenze e vantaggio competitivo nei musei)
  • coinvolgere studiosi e appassionati esterni per aumentare l’offerta sfruttando il principio della coda lunga

Bonus track: education

L’altro giorno ho assistito ad un evento della National Gallery di Londra (disclamer: era tenuto da mio fratello) ed è molto interessante come loro gestiscono gli eventi: quelli verticali fatti dall’educational team sono solo per i members che sottoscrivono una quota d’iscrizione, mentre gli altri contenuti finiscono sui profili social. Gli Uffizi hanno una bella sezione di podcast “Fabbriche di storie” che è completamente gratuita. Alla presenza di Ferragni, gli Uffizi potevano affiancare un podcast in cui le chiedevano quali erano le sue curiosità, perché le piaceva un’opera rispetto ad un’altra, farle scoprire altre opere meno conosciute, per trasformare le curiosità dell’imprenditrice per soddisfare e suggerire ad altri imprenditori o interessati al servizio.

Il punto non è lucrare sulla cultura, ma pagare le professioni culturali e i servizi che generano. Altrimenti tutto verrà dimenticato e rimarranno solo ricordi e pregiudizi.