I dati e l'orchestra

Roberto Busa verso la fine di Rovesciando Babele (p. 175)

Lo stesso computer potrebbe essere definito un’espressione ideografica della nostra mente. La nostra mente è il primo “frontale” traduttore, perché non automatico bensì consapevole di sé e logico. La nostra mente ha la nozione di realtà quale chiave per leggere l’armonia del cosmo.

Paolo Conte in Baci senza memoria

Ecco qui una musica / Che forse era per noi / A me sembra molto splendida / Tu puoi farne quel che vuoi / Questa memoria è labile / Non me la ritrovo mai / Ma, se riesco a ricordarmene / Mi potrei anche convincere

La musica è fatta di note, la rappresentazione dei suoni, come i dati sono la rappresentazione delle informazioni. Una nota diventa segno grafico su un pentagramma, come un suono che entra nel cervello dalle orecchie e ci può dare piacere o fastidio. Viene interpretata e valutata secondo occasioni, gusti e retaggi. Allo stesso modo i dati sotto i nostri sguardi.

Busa in un’intervista recuperata da Spadaro usa la metafora dell’orchestra per riferirsi al rapporto uomo-macchina

Il rapporto uomo-macchina, uomo-computer, è il rapporto autore-opera. Allora si parlava anche del fare la macchina pensante, è vero. Parlare di macchina pensante ha lo stesso senso come parlare di una orchestra compositrice. Un’orchestra che sta suonando l’Aida dovrebbe mettere in essere un Giuseppe Verdi con la sua fantasia creatrice musicale.

Un’orchestra viene ascoltata nel suo insieme. A nessuno verrebbe in mente di dire “gli archi sono meglio dei violini”. Nel jazz si può assistere ad un’improvvisazione che, partendo da uno standard di 8 battute, crea delle variazioni che durano il tempo dell’esecuzione. Davis fece la colonna sonora di Ascensore per il patibolo registrando con la band direttamente guardando il film. Oggi noi abbiamo la registrazione, la trasformazione in note e dati di quel lavoro. Se non ci fosse stato un lavoro di preparazione e se non si fosse creata un’armonia tra i musicisti, quell’opera non esisterebbe.

Non voglio usare metafore, perché i dati non sono come le note e i computer non sono come un’orchestra. Voglio solo ribadire che alla base di ogni attività efficace, efficiente e rilevante c’è il germoglio di un’armonia tra le persone e i loro bisogni.

La musica non registrata è nella memoria di chi l’ascolta, che è labile come il supporto e il valore stesso dei dati. Gestire i dati è una continua ricerca non dell’informazione ma della traccia dell’armonia che potrebbe averli generati.

Attraverso i dati cerchiamo l’orchestra tra uomo e macchina che li ha prodotti.