Parlare tra vecchi morire tra vecchi

Questi tempi strani ci colgono sospesi, tra l’ansia del domani e l’agire. Nel dubbio si è sempre rinviato. Che fossero scelte, conoscenza, generazioni: si è sempre rinviato e si aspetta. Si aspetta che i ricercatori rimangano, in strutture fatiscenti con procedure governate da anziani. Si aspetta che il virus passi, in un paese fermo da decenni, con strutture fatiscenti governate da anziani. E non è una questione di anagrafe, ma di mentalità. Ci è difficile accettare che delle aziende private, nate da giovani (al momento della fondazione) siano cresciute a tal punto da diventare più d’impatto dei governi nazionali. Chi ha fondato le OTT erano giovanissimi e senza strutture ereditate, nel pieno svolgimento dell’american dream. Ma qual è l’italian dream? Cosa possono sognare i ragazzi italiani nel 2020? Gli stiamo dando ideologie, parole vuote ma evocative che alla resa dei fatti sono ipocrite. Smart working senza infrastrutture. Intelligenza artificiale senza l’intelligenza umana. Realtà virtuale senza gli strumenti per affrontare la realtà fisica.

Avanziamo richieste di trasparenza su questioni che un dodicenne non percepisce. I dati per i ragazzi sono cose astratte che al massimo percepiscono dal numero di like su Instagram. Ma di usare eventuali dati non hanno né la formazione né la propensione. In un paese in cui archivi e biblioteche sono trattate come postazioni studio, come auspicare che considerino i documenti, i libri, i riferimenti, come terreno su cui costruire qualcosa di nuovo?

Eppure c’è una speranza. Incredibilmente anche i giovanissimi sanno chi è Alessandro Barbero. Un professore, quindi una figura generalmente derisa per la sua obsoleta autorità di giudicarli su temi che non useranno nella vita di tutti i giorni. Uno storico, quindi qualcuno che usa per professione gli archivi, quei luoghi che conservano per loro abituati al cloud, all’assenza di necessità di mettere da parte qualcosa. Un insegnante, che non usa powerpoint, che si piazza su un podio e parla per un’ora di uomini e fatti distanti secoli. Eppure appassiona. Non da consigli. Non impone l’ennesimo ascoltami che ti spiego. Da riferimenti per cose già successe e mostra come la storia possa essere un tutorial per le loro storie di ogni giorno.

Mentre noi vecchi, di testa e di cuore, pensiamo alla tecnologia come un nemico o un alleato, se non un demiurgo, chi è giovane non ha bisogno di perdere tempo sui dati, le infrastrutture, i processi: si chiede semplicemente se può usarli oppure si rivolge altrove. Se YouTube è più formativo e informativo di una rete televisiva, è per l’abilitazione e le innumerevoli conseguenze individuali che può alimentare. Noi vecchi pensiamo ancora in termini di canali e segmenti, loro invece in termini di consenso. Sono, stranamente, più vicini loro all’approccio scientifico rispetto a chi pratica la scienza. Il loro consenso è la capacità di aggregare persone attorno ad una loro attività. C’è lo scherzo e il cringe per chi lo ottiene attraverso al ridicolo, ma se devono imparare a fare una cosa, sia un esport o uno slime, non ci sono scherzi: conta solo chi li abilita a ottenere il risultato promesso.

Per questo, se ho speranza dal consenso per Barbero e molti servizi creati da giovani, non ho speranza per le “battaglie” di noi vecchi. Siamo così arroganti da credere che la trasparenza sia fondamentale per loro, ma non ci rendiamo conto che non gli interessa. Siamo ossessionati dalla privacy, ma poi ci ridono dietro per la quantità di cazzate personali che spandiamo sui nostri account.

E per questo COVID stiamo raggiungendo, o l’abbiamo raggiunto, l’apice. Stanno morendo più facilmente i vecchi, noi che gli diciamo come deve essere il loro mondo, e ci indignamo se affollano i bar con la bibita in mano e la pastiglietta in tasca. Ma per loro, se noi moriamo, non cambia nulla. Anzi. Forse è la volta che ci sarà qualcuno in meno che gli fa la morale.