Chiedere i dati è inutile

Non sono i dati ma le persone che servono. Persone adeguate a sopportare e supportare basi conoscitive e cognitive adeguate. In questi giorni si sta concentrando una pressione per rendere disponibili i dati secondo cui si adotterebbero le riduzioni di libertà sociale, ma è inutile. Comprendo lo spirito perché pure io l’ho vissuto: dal 2012 assieme ad altri ho creato il gruppo opendata di Venezia. Ho fatto attivismo in Spaghetti Open Data, ho fatto centinaia di interventi, documenti ufficiali e attività professionale (pure in veneto). Ma dico serenamente che è inutile. Almeno nel breve periodo.

Il sistema non c’è

In una costante ricerca del consenso, e rimozione della responsabilità, i dati sono un problema. Di raccolta, di pulizia, di analisi. Le infrastrutture sono progettate e realizzate su basi che digitalizzano processi amministrativi e gestionali obsoleti e basati su criteri fisici. Manca la capacità di comprendere che la condivisione non è sottrazione di potere, ma l’esatto contrario. In ambiti scientifici STEM è assodata la condivisione per sviluppare teorie e servizi, ma in amministrazione e politica questi metodi si scontrano con la prevalenza dell’opinione e della proprietà intellettuale. Proprietà non delle soluzioni ma della detenzione che punta all’esclusione: avere i dati per non farli usare da altri. L’ennesima vanità di vanità.

L’illusione della trasparenza

Ricordo la resa di un direttore dei sistemi informativi di un’importante università italiana, quando nei repository ufficiali c’erano solo 3 (TRE) ricercatori che depositavano i propri dati. La legge che garantisce la libertà di ricerca impedisce di imporre la condivisione su repository condivisi i dati di ricerca. Questo aveva comportato la perdita di fondi di ricerca perché “ad alcuni si era rotto il pc e i dati sono andati persi”. In presenza di infrastrutture sono le persone che devono comprenderne l’uso e le conseguenze sia positive che negative. Non riporto i riferimenti alle notizie di questi giorni di mancata raccolta di dati, di difformità di criteri, di assenza di schemi condivisi. È inutile chiedere trasparenza su caos informativo.

Dall’indignazione al nulla

Il punto è che in pochi ci si muove e si richiede. In molti ci si indigna, ma poi a chi organizza questa immonda confusione e cialtroneria non succede nulla. Non chiedo né la gogna o il patibolo, ma la rimozione. Finché restano gli incapaci strumentali alla prevalenza delle opinioni non ci sarà nulla da fare. Il problema è escludere la responsabilità con “non è una questione personale”. Invece è proprio una questione personale, dove la selezione ai ruoli favorisce l’obbedienza e l’allineamento. Questi criteri favoriranno sempre chi non vede i vantaggi dal possedere basi conoscitive solide su cui poggiare le analisi e le decisioni.

Lo senti il tempo scaduto?

Mentre si fanno azioni e pressioni si sente il tempo che scorre? Non è solo il problema di avere i dati ma quando bisogna (bisognava) averli. Perché avendoli pubblici e facendoli usare a soggetti esterni dovrebbe cambiare qualcosa? Perché se dei giornalisti, degli attivisti o delle categorie hanno i dati, dovrebbe cambiare qualcosa se chi decide non li usa? In un sistema democratico le persone nei ruoli decisionali che non usano basi conoscitive solide e efficaci e efficienti potrebbero essere sostituite, ma in un sistema di collusione si è creata una cordata di dipendenze che impedisce qualsiasi movimento. Se sei bravo ma rompi la catena dell’affidabilità al ribasso, vieni escluso dalla selezione. Quindi chi chiede i dati viene preso in ruoli marginali ma di esposizione per creare la solita “apparenza di cambiamento”, che fa consenso in nei settori al solo scopo di accontentarli in superficie. Trasformando un possibile oppositore in fiancheggiatore. Perché in profondità fa comodo una complessità di caos, perché giustifica l’eterna emergenza. Un’eterna rimozione di responsabilità di agire fuori da contesti oggettivi.

I dati in un sistema fallito e fallace sono ancora più pericolosi della loro assenza.

Io sont la Morte che porto corona // Sonte Signora de ognia persona // At cossi son fiera forte et dura // Che trapaso le porte et ultra le mura // Et son quela che fa tremare el mondo // Revolgendo una falze atondo atondo // Ovvio taco col mio strale // Sapienza, beleza forteza niente vale